I tarli e la memoria

Nel film “Oltre il giardino”, Peter Sallers dice al presidente degli stati Uniti d’America una frase banale: “quando si tagliano le radici la pianta muore”. La metafora è recepita politicamente e il Presidente si convince che la perdita della memoria storica del suo paese equivale alla perdita della democrazia. Nel libro Shock economy di Naomi Klein lo stesso concetto è sviluppato scientificamente. Ebbene, la storia che ci accingiamo a raccontarvi dimostra che il comune di Roma sta tagliando radici tra le più importanti della nostra storia, sta stendendo l’oblio sulla memoria di una delle vite più rappresentative dei valori di onestà, solidarietà, giustizia sociale, libertà dai bisogni: la memoria di Sandro Pertini, il presidente della Repubblica più amato dagli italiani.

Questi i fatti.

Il 23 Settembre 2002 CARLA VOLTOLINA PERTINI costituisce la Fondazione SANDRO PERTINI con un lascito di L. 1.000.000.000 (un miliardo).

Presidente e vice presidente della Fondazione sono nominati rispettivamente Antonino Caponnetto e Mario Almerighi. Carla è il Presidente Onorario. Fanno parte del Consiglio Direttivo, inoltre, l’ing. Umberto Voltolina, fratello di Carla, il Comm.re Gennaro Iovine, l’avv. Piero Pierri e il signor Salvatore Calleri.

Sandro Pertini e sua moglie Carla Voltolina hanno vissuto tantissimi anni, gli ultimi anni della loro vita, nella mansarda di piazza Trevi di proprietà del comune di Roma, pagando regolarmente l’affitto dell’immobile – di non più di 40 mq – concesso a loro in locazione.

Dopo la morte del marito avvenuta il 24 febbraio del 1990, Carla Voltolina rimase a vivere nello stesso appartamento, circondata dai ricordi di una vita insieme al Suo Sandro.

Fu Lei a volere come Presidente Antonino Caponnetto e me, come vice presidente. Dopo la morte di Caponnetto, avvenuta il 6 dicembre 2002,Carla mi propose di assumere quella carica. “Sandro ti stimava – mi disse – e aveva una grande considerazione di te come magistrato. Son certa che dopo Caponnetto avrebbe scelto te come sto facendo io”.

Carla è presente a tutte le iniziative convegnistiche da me organizzate nel disinteresse più totale degli altri componenti del direttivo della Fondazione, ma nell’inverno del 2005 contrae una brutta bronchite ed è ricoverata in Ospedale per circa 10 giorni. In una di quelle giornate, intorno alle dieci del mattino, ero lì a farLe compagnia, quando apprende la notizia che il fratello Umberto con sua moglie erano arrivati a Roma le sera prima ed avevano pernottato nell’appartamento di Piazza Trevi. Nonostante avesse infilato in un braccio l’ago della flebo, ricordo che alzò bruscamente testa e schiena e disse al latore della notizia di riferire al fratello che se entro un’ora non avesse abbandonato l’appartamento lo avrebbe denunciato per violazione di domicilio. Forse Carla aveva previsto quanto sarebbe accaduto dopo la sua morte.

Tornata a piazza Trevi, Carla usciva di casa sempre meno spesso. La bronchite era diventata cronica.   La andavo a trovare più spesso del solito. Era molto amareggiata. L’unico che le stava vicino era il Signor Gennaro Iovine.

Durante i nostri incontri, sempre seduta sulla sua poltrona coi piedi poggiati su uno sgabello, la conversazione spesso era intervallata da lunghe pause di silenzio. Povera Carla. Sempre più spesso, era solita guardarsi attorno e, come se presagisse la Sua imminente fine, era solita dire “vorrei tanto che questa casa rimanesse sempre così”. Il tono della Sua voce era triste, quasi nostalgico, ma, nel contempo, a volte, determinato quasi volesse darmi un ordine.

Alla fine di novembre del 2005, mi dice che ha deciso di andare a Torino per fare omaggio alla Fiat della Sua vecchia autovettura 500. Cercai di dissuaderLa in ogni modo anche dicendoLe che in quel periodo a Torino e in tutto il Piemonte nevicava fortemente e che a causa della bronchite quel viaggio sarebbe stato imprudente. Non ci fu niente da fare. Mi rispose che a Torino c’era il salone della Fiat e che aveva preso l’impegno direttamente con gli Agnelli.

Dopo pochi giorni dal Suo rientro, il 6 dicembre del 2005, Carla Voltolina lascia questo mondo.

Il fratello Umberto non vuole esequie funebri. Al momento della cremazione siamo in quattro: lui, io, e altri due componenti del Consiglio direttivo della Fondazione. “Porterò le ceneri – mi dice Umberto Voltolina – nel cimitero di Stella e le farò sistemare accanto a quelle di Sandro”.

***

Il Consiglio direttivo della Fondazione è d’accordo con me nell’utilizzo dell’appartamento come luogo della memoria di Sandro e Carla. Organizzo incontri in alcune scuole romane per diffondere tra i giovani gli ideali di Pertini. Successivamente invito gli studenti ovviamente accompagnati da almeno uno dei loro insegnanti a visitare l’appartamento di Piazza Trevi, ormai da me adibito a luogo museale.

Il direttivo è ovviamente d’accordo, ma a Roma ci sono solo io e Gennaro Iovine.

L’appartamento è di proprietà del Comune di Roma e la Fondazione continua a versare il dovuto canone.

Tenuto conto del nuovo utilizzo dell’appartamento come “casa della memoria” chiedo al comune di Roma la sua concessione alla fondazione in comodato d’uso gratuito.

Il 12 dicembre 2007, dopo aver incontrato personalmente Walter Veltroni, scrivevo ancora sollecitando l’esito della richiesta.

Dopo aver ribadito che “la Signora CARLA più volte – e sempre più insistentemente negli ultimi tempi – ha manifestato la espressa volontà affinché l’appartamento nel quale per tanti anni è vissuta insieme al compianto Presidente PERTINI, rimanesse “così com’è” nella disponibilità della FONDAZIONE da Lei voluta”, aggiungevo: (…) Nel programma della Fondazione, riveste carattere prioritario uno stretto contatto col mondo della scuola al fine di conservare tra i giovani la memoria storica di un uomo e di una donna che hanno  dedicato la loro esistenza alla libertà, alla solidarietà tra gli uomini, alla difesa dei deboli, alla giustizia sociale e alla legalità.

(…). Gli eredi, rappresentati dal fratello Ing. Umberto VOLTOLINA hanno pazientato finora rinunciando a far valere i loro diritti successori nel rispetto della volontà di CARLA e in attesa delle determinazioni del Comune di Roma. La FONDAZIONE, anche in loro rappresentanza, si augura che gli oggetti, l’ambiente nel quale si è svolta la vita di SANDRO e CARLA possano costituire patrimonio a disposizione della storia del nostro Paese.

Nella mia qualità di presidente della FONDAZIONE SANDRO PERTINI e in rappresentanza del suo Consiglio Direttivo formulo istanza affinché codesta Amministrazione, disponga in suo favore, atto concessorio per la detenzione dell’immobile posto in Piazza Trevi, 86, piano ultimo, affinché possa divenire “CASA MUSEO” a beneficio del pubblico. La “Casa Pertini” sarà destinata a preservarne il valore culturale, morale e storico in essa contenuto e a visite periodiche con particolare riguardo agli studenti. (…).

Il Presidente Dott. Mario Almerighi

***

L’11 febbraio 2008, nel corso dell’ultima riunione di Giunta di Veltroni, è approvata la seguente ORDINANZA del SINDACO (n.16 prot.3668), che riportiamo in sintesi:

(…)

 IL SINDACO

Premesso che il Comune di Roma è proprietario, tra l’altro, dell’immobile sito in Piazza Trevi n. 86, int. 9;

che tale bene è stato la residenza abituale di Sandro Pertini, prima e dopo il mandato presidenziale;

che, alla di Lui morte, la vedova Carla Voltolina, titolare del relativo contratto di locazione, ha continuato ad abitare nell’immobile inventariando e custodendo libri, cimeli e documentazione del Senatore a Vita, importanti testimonianze di pagine fondamentali della storia italiana del ‘900;

che, al fine di preservarne il valore culturale, morale e storico, la Sig.ra Voltolina, unitamente a personalità note e rappresentative in vari campi, ha costituito la “Fondazione Sandro Pertini” assumendone la carica di Presidente Onorario;

che, recentemente, alla morte della Sig.ra Voltolina, il Presidente della Fondazione ha richiesto all’Amministrazione Comunale di continuare a utilizzare il bene in regime di concessione amministrativa, allo scopo di costituire un luogo che la città dedica alla memoria e alla grande personalità di un Presidente rimasto nel cuore degli italiani;

(…).

Visto il Decreto Legislativo n.267/2000 (T.U.E.L.)

                                                            ORDINA

L’assegnazione dell’immobile di proprietà comunale sito in Roma, Piazza di Trevi n. 86 – int.9, a favore della “Fondazione Sandro Pertini”, (…).

 

Il Direttore del Dip.to III                                                L’Assessore

(D.ssa L. Zambrini)                                                  (Claudio Minelli)

 

Non appena insediatasi la nuova Amministrazione (Sindaco Alemanno), su mandato del Direttivo, prendevo contatto con il nuovo Assessore al Patrimonio On. Alfredo Antoniozzi, il quale confermava la assegnazione della casa di Piazza di Trevi con il seguente documento.

“Casa Pertini”

L’Amministrazione Capitolina, aderendo all’istanza presentata dalla Fondazione Sandro Pertini ed in totale sintonia con quanto espresso prima della sua scomparsa dalla Sig.ra Carla Voltolina, compagna di vita del Presidente Pertini, ha deciso di istituire “Casa Pertini – Casa della Repubblica Italiana” nell’appartamento di Piazza Trevi n. 86.

Gli eredi Voltolina, altresì hanno rinunciato a far valere eventuali diritti, rendendosi garanti del rispetto della volontà della Signora Carla, che ha sempre inteso destinare il luogo della sua vita con Sandro Pertini a punto di riferimento e patrimonio a disposizione della storia del nostro Paese. (…).

Era infatti desiderio della Signora Voltolina far vivere, soprattutto tra i giovani, gli ideali di libertà, solidarietà tra gli uomini, difesa dei più deboli, giustizia sociale e legalità cui è stata così fortemente ispirata la vita sua e quella del Presidente Pertini, rendendo fruibile la casa in cui hanno insieme condiviso tutto ciò.

Nell’appartamento di Piazza Trevi, sono custoditi beni e cimeli di grande valore, atti a documentare pagine fondamentali della storia Italiana del novecento e della vita di Sandro Pertini, che in tutto il suo percorso politico ed istituzionale si è speso con generosa determinazione per affermare i valori più elevati di libertà, espressi nella nostra Costituzione Repubblicana. (…).

L’assegnazione dell’appartamento alla Fondazione Sandro Pertini da parte del Comune di Roma consentirà, tra l’altro, di realizzare visite guidate di studenti, accoglienza di Autorità nazionali ed internazionali che intendano rendere omaggio al ricordo del grande Statista, celebrazione di ricorrenze collegate agli eventi salienti della vita di Sandro Pertini, del suo impegno politico, della lotta di liberazione, della sua vita di Parlamentare e di Presidente della Repubblica Italiana, iniziative di approfondimento e divulgazione culturale, sui temi cari al Presidente Pertini.

E’ desiderio del Comune di Roma, abbinare al nome “Casa Pertini” quello di “Casa della Repubblica Italiana”, perché Sandro Pertini racchiude in sé quel prestigio morale e quella capacità di comunicare attraverso la storia del suo percorso di vita, i valori fondamentali della nostra Democrazia, basata sulla Costituzione Repubblicana, cui il Presidente Pertini ha ispirato il suo impegno istituzionale come Presidente della Camera e come Presidente della Repubblica.

***

Allo scopo di promuovere la conoscenza della figura del Presidente Pertini ed i valori di libertà, democrazia ed onestà ai quali si è sempre ispirata la Sua vita, la Fondazione si poneva come obbiettivo quello di creare un più idoneo sito museale fruibile da un pubblico più vasto e logisticamente più idoneo alla predisposizione di mostre e celebrazione di convegni dedicati all’Uomo.Il piccolo appartamento di Piazza Trevi, sito all’ultimo piano dello stabile, consentiva, infatti, visite guidate a non più di pochi studenti per volta. (…).

Con atto del 2 dicembre 2009, nell’approssimarsi del ventennale della morte del Presidente, la Fondazione Sandro PERTINI richiedeva, quindi, al Comune di Roma la disponibilità di un secondo immobile.

Durante la cerimonia per il ventennale della morte del Presidente Pertini, alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano e del Sindaco On. Gianni Alemanno, l’Assessore al Patrimonio del Comune di Roma, On. Alfredo Antoniozzi, con ordinanza in data 24 febbraio 2010, consegnava solennemente alla mia persona in rappresentanza della Fondazione l’atto concessorio della Kaffehaus di Villa Aldobrandini.  Nell’occasione l’On. Antoniozzi dichiarava: “Una sede prestigiosa in memoria del Presidente Pertini (…). Un luogo dove si terranno incontri istituzionali, convegni e dibattiti volti a rendere ancora più profondo il ricordo del grande statista. Alla fondazione e al suo Presidente Mario Almerighi, gli auguri più sinceri di buon lavoro da parte di tutta l’amministrazione comunale di Roma.

Non mi era consentito dividere la gioia per il successo conseguito con gli altri membri del direttivo della Fondazione, la cui totale assenza alla cerimonia non riuscii a spiegarmi se non qualche tempo dopo.

******

Nel gennaio del 2010, pochi giorni prima della commemorazione di cui abbiamo parlato, a mia insaputa e senza alcuna preventiva richiesta e decisione da parte del Consiglio Direttivo della Fondazione, l’ing. Umberto Voltolina, accompagnato dalla moglie, si è recato nella “Casa della Repubblica Italiana” di Piazza Trevi portando via dall’appartamento molti quadri di valore, mobili, documenti e oggettistica varia.

Tale comportamento è anticipatorio di quanto accadrà in seguito. Come si è detto, nell’accettazione delle richieste della FONDAZIONE il Comune di Roma concede l’immobile in comodato d’uso “allo scopo di costituire un luogo che la città dedica alla memoria e alla grande personalità di un Presidente rimasto nel cuore degli italiani” precisando a sua volta che “Gli eredi Voltolina, altresì, hanno rinunciato a far valere eventuali diritti, rendendosi garanti del rispetto della volontà della Signora Carla, che ha sempre inteso destinare il luogo della sua vita con Sandro Pertini a punto di riferimento e patrimonio a disposizione della storia del nostro Paese. (…).”.

Senza che neanche venissi interpellato, come presidente della Fondazione, l’ing. Voltolina convoca arbitrariamente il Direttivo per il 3 luglio del 2010 ponendo all’ordine del giorno, “la restituzione al Comune di Roma dell’immobile di Piazza Trevi libero e vacuo da qualsivoglia oggetto e persona”. A nulla è valso il tentativo di questo presidente  di persuadere il Voltolina a non proseguire nello svuotamento dell’appartamento e a lasciarvi quantomeno una parte di oggettistica anche priva di valore venale che fosse idonea a non snaturare del tutto il significato della memoria storica dell’appartamento.

Il Consiglio Direttivo, riunito nella data su indicata e con la presenza dei soli Umberto Voltolina, Pietro Pierri e Gennaro Iovine, approva, con la sola mia opposizione, la proposta Voltolina di <<svuotare l’appartamento di Piazza Trevi e di restituire lo stesso al Comune di Roma>>.

Ma vi è di più. Nella stessa riunione l’avv. Pierri comunica, a nome di tutti i componenti del direttivo da lui interpellati, la volontà unanime di approvare la proposta dell’Ing. Voltolina di scrivere al Sindaco di Roma “invitandolo a riprendersi non solo l’appartamento di Piazza Trevi, ma anche i locali di Villa Aldobrandini”.

La riunione si concludeva con la seguente frase dettata a verbale dall’avv. Pierri: “I componenti tutti del Direttivo chiedono al Presidente di offrire le dimissioni in considerazione degli anni trascorsi ed il venir meno del rapporto di amicizia (sic!)“.

Poiché evidentemente la presenza del sottoscritto quale Presidente della Fondazione costituiva un ostacolo, anche morale, all’esecuzione di decisioni così palesemente illegittime, moralmente discutibili e sicuramente in contrasto con la dichiarata volontà di Carla Voltolina, veniva convocato per il 10 luglio 2010 un nuovo Consiglio Direttivo che deliberava la revoca della mia persona quale Presidente della Fondazione e nominava il nuovo Presidente nella persona di Umberto Voltolina.

I fatti suesposti non meritano commento alcuno. Esso sarebbe quasi offensivo per chi legge.

A prescindere da valutazioni di carattere etico che lasciamo al lettore, una cosa è certa: le delibere del 3 e 10 luglio 2010 sono palesemente illegittime in quanto si pongono in contrasto con gli interessi, le finalità e gli scopi dell’ atto di fondazione.

La sottrazione e il completo svuotamento dei beni che arredavano l’appartamento di Piazza Trevi e soprattutto la rinuncia alle sedi prestigiose che il Comune di Roma aveva concesso alla FONDAZIONE costituiscono tutti elementi in violazione dei principi istitutivi della FONDAZIONE, un gravissimo vulnus alla figura del Presidente PERTINI, alla volontà manifestata da Sua moglie CARLA VOLTOLINA, alla città di Roma e alla Storia del Paese.

Tali decisioni appaiono, infatti, irrispettose della volontà manifestata dalla città di Roma, attraverso i suoi più alti rappresentanti, di avere nella Capitale d’Italia dei luoghi destinati a perpetuare il ricordo del Presidente più amato dagli italiani, stimato ed amato anche al di là dei nostri confini.

A questo punto, l’on. Alfredo Antoniozzi, anch’egli indignato, mi dice: “Mario, questo è uno schiaffo a Sandro Pertini, al Comune di Roma, agli italiani e al paese. Non possiamo sopportarlo. Crea una nuova Associazione e vedrai che il Comune ti restituirà i due immobili. Non vorrei che l’appartamento andasse a finire a qualche onorevole per farne una garconniere !”.

Nel giro di pochi giorni, 70 persone (magistrati, avvocati, giornalisti ed altri) mi sono a fianco come soci fondatori. Il 10 dicembre del 2010, davanti al notaio Gennaro Mariconda, firmano con me l’atto costitutivo della nuova Associazione anche Antonio Ghirelli, Antonio Maccanico, avvocati, dottori commercialisti, ufficiali della G.d.F., magistrati. La denominazione è Associazione Sandro Pertini Presidente.

Con il nuovo assessore al patrimonio del Comune di Roma e Piero Ernesto Irmici, il vice presidente della nuova Associazione, ci rechiamo a visitare l’appartamento di piazza Trevi. La desolazione è totale! Sulle umide pareti le tracce dei 106 quadri che vi erano appesi: opere di Carlo Carrà, Giovanni Omiccioli, Aligi Sassu, Virgilio Guidi, Fabrizio Clerici, Renato Guttuso, Giulio Turcato, Giuseppe Zocchi (1711), Giorgio de Chirico, un dipinto ad olio dono della Marina Militare al Presidente ecc..

Non ci sono più le centinaia di libri sistemati nelle pareti di tutta la casa, le fotografie, le sculture, i vestiti di Carla conservati negli armadi della Sua stanza, i letti dove dormivano Carla e Sandro. Si nota solo una massiccia presenza di tarli che lasciano cadere dalle travi in legno del soffitto della stanza d’ingresso i minuscoli truccioli rosicchiati sulla moquette del pavimento.

Io ed Irmici ci guardiamo quasi con le lacrime agli occhi.

L’assessore ci tranquillizza: “Anche così l’appartamento tornerà a voi per tornare a diventare un luogo della memoria di Pertini”.

“Forse – dico io – potremo riempirlo nuovamente con gli oggetti che Pertini, data la mancanza di spazio a piazza Trevi, conservava in un magazzino del Quirinale.”.

Scrivo e riscrivo al sindaco Alemanno. Antoniozzi mi dice che Alemanno ha scritto anche al Presidente della Repubblica Napolitano, che nella precedente occasione del rilascio dei due immobili, tramite il suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, si era attivato presso il Comune in favore dell’iniziativa.

Sono trascorsi ormai oltre cinque anni di promesse non mantenute.

Con la nuova Giunta presieduta dal sindaco Marino si riaccendono le speranze. Incontro, insieme ad altri, il vice sindaco che ha la delega al patrimonio. Altre promesse non mantenute. Non cambia nulla.

Di recente vengo a sapere che l’appartamento di piazza Trevi figura nella lista di quelli che il Comune di Roma ha messo in vendita sin dai tempi di Alemanno e che la giunta Marino ha confermato quella delibera. E’ notizia dell’ultima ora che l’appartamento è stato cancellato dalla lista degli immobili di proprietà comunale in vendita.

Sento intorno a me una atmosfera kafkiana. Pertini merita un ulteriore impegno per onorare e conservare la memoria dei valori da Lui incarnati e oggi, più che mai necessari alla vita della nostra democrazia come le radici di una pianta.

Mario Almerighi

Roma, 18.11.2015

24 anni senza Pertini

Il 24 febbraio è l’anniversario della scomparsa del Presidente della Repubblica più amato dagli italiani.

L’Associazione Sandro Pertini Presidente non procederà quel giorno ad alcuna commemorazione ufficiale.

Pertini  ha dedicato la vita intera con suprema coerenza ai valori della giustizia sociale, della libertà, della solidarietà, dell’onestà e della pace. Carla Voltolina desiderava che il Suo ricordo fosse legato alla casa di piazza Trevi. Pertini, come è noto, amava incontrare e parlare con i giovani. Avremo voluto ricordarlo, come avevamo fatto in passato, all’interno di quel piccolo appartamento insieme ai giovani di qualche scuola, ma oggi ciò non è possibile.

La nuova Associazione “Sandro Pertini Presidente” ha come obbiettivo quello di diffondere tra i giovani quei  valori, che trovano nella nostra  Carta Costituzionale la loro consacrazione e che purtroppo oggi sembrano sempre più trascurati. Intendiamo, pertanto, ricordarlo con prossime iniziative nelle scuole di Roma e del Lazio con la speranza di far germogliare quei semi  che Pertini ha mietuto senza che da essi siano mai nate le piante di cui il paese oggi ancor più di ieri ha bisogno, le cui radici si fondano sull’intreccio tra legalità, etica e politica, sul rispetto della persona umana, sulla vicinanza delle istituzioni ai bisogni della società.

Diceva Sandro Pertini: “Libertà e giustizia costituiscono un binomio inscindibile. Se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. Ma la libertà senza giustizia sociale può essere altrettanto una vana conquista. Si può considerare libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli ed educarli? Questo non è un uomo libero”.

Roma, 24 febbraio 2014

Il consiglio Direttivo della Associazione Sandro Pertini Presidente

Ricordo di un Presidente

di Mario Almerighi – Tratto da Il Fatto Quotidiano del 7 marzo 2010
Ho conosciuto Sandro Pertini quando, negli anni ‘70, ci chiamavano “pretori d’assalto”. Lo incontrai per la prima volta quando era presidente della Camera.
Pertini rappresentava, per noi giovani, la storia, il collegamento tra le sofferenze della guerra trascorsa e le conquiste di libertà, le speranze di progresso e di sviluppo della nostra democrazia. Nell’inverno del 1974, l’Italia era in piena crisi petrolifera. Le case, gli ospedali, le scuole erano prive di riscaldamento. Mancava il gasolio e la benzina. Ero pretore a Genova. In seguito a indagini, intercettazioni telefoniche e sequestri di documenti, accertai che i petrolieri pagavano tangenti pari al 5% dei guadagni loro concessi da leggi approvatedalParlamento.Ipetrolieri erano i corruttori e ministri e parlamentari i corrotti. All’epoca l’organo inquirente dei ministri era la Commissione inquirente, formata da deputati e senatori e gli atti del processo dovevano essere consegnati al presidente della   Camera. Pertini mi ricevette, lesse in mia presenza alcuni documenti. Pianse dalla rabbia e l’indomani dichiarò: “La morale è una scienza morta se la politica non cospira con lei e non la fa regnare nella nazione. La democrazia si difende, si sostiene e si rafforza con una grande tensione morale; la corruzione è nemica della democrazia, la corruzione offende la coscienza del cittadino onesto, l’esempio deve essere dato dalla classe dirigente e in primo luogo da me che vi parlo. Si colpiscano i colpevoli di corruzione senza pietismi, senza solidarietà di amicizia o di partito. Questa solidarietà sarebbe vera complicità, la politica deve essere fatta con le mani pulite”.

PIANOSA. Quando, nell’aprile del 1932, nel carcere di Pianosa fu trasferito presso il sanatorio giudiziario, in precarie condizioni di salute, la madre presentò domanda di grazia alle autorità. Pertini così le scrisse: “Perché mamma, perché? Qui nella mia cella di nascosto, ho pianto lacrime di amarezza e di vergogna. Quale smarrimento ti ha sorpresa, perché tu abbia potuto compiere un simile atto di debolezza? E mi sento umiliato al pensiero che tu, sia pure per un solo istante, abbia potuto supporre che io potessi abiurare la mia fede politica pur di riacquistare la libertà. Tu che mi hai sempre compreso che tanto andavi orgogliosa di me, hai potuto pensare questo? Ma, dunque, ti sei improvvisamente così allontanata da me, da non intendere più l’amore, che io sento per la mia idea?”. Venne   accusato di “istigazione all’odio tra le classi sociali” oltre che dei reati di stampa clandestina, oltraggio al Senato e lesa prerogativa della irresponsabilità del re per gli atti di governo. Pertini, sia nell’interrogatorio dopo l’arresto, sia in quello condotto dal procuratore del Re, nonché all’udienza pubblica davanti al Tribunale di Savona, rivendicò il proprio operato assumendosi ogni responsabilità e dicendosi disposto a proseguire nella lotta per la libertà, qualunque fosse la condanna a cui andava incontro.

QUIRINALE. Nel periodo della sua permanenza al Colle contribuì a fare della figura del presidente della Repubblica l’emblema dell’unità del popolo italiano. La sua statura morale contribuì al riavvicinamento dei cittadini alle istituzioni, in un momento difficile e costellato di avvenimenti delittuosi come quello degli anni di piombo. In seguito al terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980, dopo pochi giorni, denunciò pubblicamente l’impotenza e l’inefficienza dello Stato nei soccorsi in un famoso discorso televisivo a reti unificate, in cui denunciò quei settori dello Stato   che avrebbero speculato sulle disgrazie come nel caso del terremoto del Belice. Nel febbraio 1983, tra lo stupore generale visitò in ospedale il giovane Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, in coma per essere stato colpito alla testa da un sasso mentre affiggeva dei manifesti, e che nei giorni successivi morì. Nel 1988, si recò a visitare la camera ardente di Almirante, il segretario politico del Msi. Alle polemiche dei socialisti, così rispose: “Di fronte alla morte di un antico avversario politico che ha sempre portato rispetto alla mia persona e all’istituzione che ho rappresentato, ho ritenuto doveroso questo atto di estremo saluto, che non cancella certo le nostre diverse storie politiche. Ti ricordo, compagno… che a differenza di te che l’attacchi da morto, io i fascisti, prima in galera e poi nella resistenza li ho combattuti da vivi, a viso aperto, rischiando la mia pelle. Ora io saluto, con il rispetto dovuto, il collega parlamentare defunto, ricordandone   l’elevato impegno politico e la coerenza di ideali. A ciascuno il suo, nel doveroso silenzio di fronte alla morte. Pertini considerava la libertà e la giustizia sociale un binomio inscindibile. Nel corso di una intervista disse: “Se a me socialista offrissero la realizzazione della riforma più radicale di carattere sociale, ma privandomi della libertà, io la rifiuterei, non la potrei accettare. Ma la libertà senza giustizia sociale può essere anche una conquista vana. Si può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha un lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli? Questo non è un uomo libero”

La sua personalità era intrisa dei princìpi che avevano ispirato la democrazia parlamentare e repubblicana, nata dall’esperienza della Resistenza partigiana; era solito sostenere il suo rispetto della fede politica altrui tanto quanto il suo fermo rifiuto di tutte le ideologie che rinneghino la libertà di espressione.

C’ERA SEMPRE. La sua costante presenza nei momenti cruciali della vita pubblica italiana, nelle situazioni piacevoli come nei momenti difficili, è stata probabilmente uno dei motivi della sua grande popolarità. Spesso è stato definito come il “presidente più amato dagli italiani”, ricordato per l’amore verso l’Italia, per il suo carisma, per il suo modo di fare schietto e ironico, per l’onestà, e per aver inaugurato un nuovo modo   di rapportarsi con i cittadini, con uno stile diretto e amichevole. La schiettezza e la pragmaticità di Pertini si riflesse inoltre anche nella sua azione politica ed istituzionale, facendolo apparire come un presidente che puntava alla concretezza, rifiutando compromessi e imponendosi con il suo rigore morale.

L’ELOGIO DI INDRO. Il giornalista Indro Montanelli, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 27 ottobre 1963, scrisse: “Non è necessario essere socialisti per amare e stimare Pertini. Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità”. Pertini fu tra i presidenti che scelsero di non abitare nel Palazzo del Quirinale, mantenendo la propria residenza nel suo appartamento romano, secondo lo stesso Pertini per espresso desiderio della moglie. Visse infatti per molti anni in un attico che s’affaccia sulla fontana di Trevi. Gli abitanti del quartiere lo incontravano spesso, quando la mattina la macchina andava a prenderlo per andare “in ufficio” al Quirinale senza grandi apparati di sicurezza; per chi lo riconosceva e lo salutava, soprattutto i bambini,il presidente aveva sempre un sorriso e un gesto di saluto.

Nella primavera del 1981 Pertini presiedette un’infuocata seduta del Csm di cui anch’io facevo parte. Erano in corso le indagini sulla P2 e il vicepresidente dell’epoca, il successore di Vittorio Bachelet, che era stato ucciso dalle Br, ne era rimasto coinvolto. Ero il più giovane del Consiglio e mi ero espresso per le dimissioni del vicepresidente. Al termine della seduta, lo avvicinai: “Le chiedo scusa se mi sono permesso di avere la pretesa che ascoltasse le mie modeste parole”. “No, no… hai fatto benissimo… sai io preferisco ascoltare le parole dei giovani… voi giovani non avete ancora imparato a fare gli equilibristi… tu cerca di non impararlo mai… sai, quelli ogni tanto soffrono di vertigini e ogni tanto cadono…chi invece poggiai piedi sulla strada in cui crede va avanti sereno almeno col proprio animo”. E poi aggiunse: “Chissà se un giorno saranno ripagati i nostri sacrifici della resistenza… senza legalità non
può esserci né libertà né democrazia… coraggio, coraggio… i tempi cambieranno… la storia deve andare avanti…”.

Fu l’ultima volta che parlai con Sandro Pertini, ma ancora oggi penso a quella frase: “Chissà se un giorno…”. “Tutto muore con noi – era solito dire – però noi rimaniamo nel cuore di quelli che ci amano. Lì non muoriamo mai, e perciò possiamo parlare con i nostri cari, ed essi parlano a noi in silenzio”. Quanto vorrei oggi che Sandro Pertini non si limitasse a parlare a quelli che lo hanno amato e che lo amano ancora oggi.
Un’immagine del ligure Sandro Pertini

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Pertini, uno sguardo verso il futuro

Più di ogni altra cosa in lui potè lo sguardo: illuminava come un neon, ma sapeva essere severo. Poteva fare racconti lunghissimi senza aprire parola. Severo, burbero, padre della patria, un ruolo che lo compiaceva anche. Ma aveva il dono di saper piangere.

Come racconta il giudice Mario Almerighi, biografo ufficiale di Sandro Pertini. Era il 1974, Almerighi mise mano a quello che sarebbe passato alla storia come lo scandalo  petroli. Il magistrato, già presidente della Fondazione Sandro Pertini e oggi alla guida dell’Associazione Sandro Pertini  Presidente, si presentò nell’ufficio del Presidente della Camera Pertini per far capire di cosa si trattasse: “Gli dissi che in quell’elenco di uomini corrotti c’erano anche compagni del Partito socialista. Pertini pianse, per poi sussurrare: “Andate avanti, la legalità prima di tutto”. Il primo incontro con il futuro Presidente, che divenne poi anche un amico, fu una lezione di condotta civile, una pagina sincera di vita di un uomo che non tornerà più. “Pertini – continua Almerighi – era soprattutto una persona di cultura. Lo dico a malincuore, ma la cultura politica degradata che abbiamo ora non può più produrre uomini come lui”. Per capire di che pasta fosse fatto bisogna andare a scovare nelle sue biografie, giovanissimo carcerato, disoccupato esiliato in Francia, socialista senza nessuno schema. E così ha fatto Almerighi, che nel libro “La politica delle mani pulite”, raccoglie lettere e testimonianze. Come la lettera in cui un giovanissimo Pertini in carcere scrive alla madre sgridandola per aver chiesto l’indulgenza a Mussolini. “Era uomo d’un pezzo. Dopo quel primo incontro, ci vedemmo spesso, io giovane membro del Consiglio Superiore della Magistratura e lui Presidente della Repubblica. Appena arrivato a Roma, raccontò di quando dovette cacciare a male parole un imprenditore venuto a chiedere una tangente”. Gli aveva gridato: uscite al più presto o vi prendo a calci nel sedere, attaccandosi con i denti a quella che era la sua dignità di uomo di Stato. E così una volta arrivato al Colle, Pertini parlava nello stesso modo, senza nessuna solennità, ma soprattutto parlava spesso e con un linguaggio che arrivava nelle case delle persone. A quel signore l’Italia si aggrappò alla vigilia di un’estate del 1978 che aveva già consumato la strage di via Fani e il delitto Moro. “Lo vedevo al Csm – continua Almerighi – ogni volta che moriva un magistrato. Era furioso, e diceva sempre: noi non abbiamo fatto la lotta partigiana per vedere tutto questo”.

In quel periodo di pallottole e sangue, di un Paese spaventato che a malapena riusciva a blaterare “né con lo Stato né con le Brigate Rosse”, lui una cosa la chiarì subito: io sto con lo Stato. Fu una rivoluzione, quella del cittadino Sandro Pertini. Il vocabolario grillino non esisteva, ma lui già diceva di “essere un cittadino al Quirinale”, come scrisse Giampaolo Pansa nel 1990. Mantenne – e questo non se lo aspettava nessuno _- la nave Italia ormeggiata al molo, senza mai – lui nato vicino a Savona, col libeccio nel sangue – cedere un passo. Più il vento tirava forte e più lui stringeva i denti e la pipa. “C’è la tendenza – dice Almerighi – a considerare Pertini un diverso, un anomalo della politica italiana. Attenzione però a non usarlo come discorso riduttivo, per sminuire la sua persona. E’ stato un personaggio diverso , che ha dato stabilità e credibilità alle istituzioni come nessun altro. Magari i “normali” di oggi diventassero diversi come lui”. Ed era un semplice. L’uomo che quando seppe dell’elezione a Presidente della Repubblica, uscì di casa in piazza Trevi e andò a piedi fino in Quirinale, stringendo le mani della gente. “Ero in quella piazza per celebrare il trentennale della morte di Pertini e ho parlato con i commercianti, le persone che abitano lì. Tutti lo ricordano come fosse ieri”.

Si scomponeva, Pertini, ma in un attimo si ricomponeva. Piangeva in piazza Maggiore, a Bologna, accanto al sindaco Renato Zangheri, per i funerali delle vittime della strage. Pianse come non lo videro mai quel giorno. Ma era appunto la storia. Poteva fulminarti con uno sguardo che profumava come l’incenso e abbagliava come un’insegna. “Mi piace ricordare – conclude Almerighi – di quel giorno al Csm, quando si decideva della sorte di Ugo Zilletti, implicato nell’inchiesta sulla P2”. Una discussione tesa fino all’ultimo e molti che cercano di convincere Pertini ad aspettare la fine delle indagini. “Io feci un discorso a garanzia della credibilità del CSM , non ammettevo tentennamenti. Il Presidente disturbato da mille voci era distratto e mi permisi di dirgli: “Mi deve ascoltare, è importante”. Lo sapeva. Rispose: “Almerighi sono dalla sua parte. Cercano di tirarmi per la giacchetta, ma la mia posizione è sempre quella”. Era la sincerità di un uomo che fece grande un’Italia sull’orlo del precipizio. Padre austero, capace di parole forti quando serve e di lacrime quando la vita non lascia altra scelta. Come il 7 giugno del 1984, quando in ospedale a Padova assistette alla morte di Berlinguer. Gli tremavano le gambe il giorno in cui i medici dissero che no, non c’era più niente da fare. Si caricò la bara del compagno Enrico sulle spalle e sull’aereo presidenziale, decollarono dall’aeroporto di Tessera alle 19.40. In una piazza San Giovanni, il 13 giugno, con un milione di persone, si prese due milioni di applausi. E pianse ancora.

La Resistenza e la memoria

Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica così amato da tutti gli italiani, non può essere dimenticato!

La Sua vita è una testimonianza di quei valori che costituiscono le profonde radici culturali e politiche della nostra democrazia. Di quei valori consacrati nella nostra Carta Costituzionale mai completamente attuati e che oggi sembra debbano essere cambiati.

Sandro Pertini restituì credibilità alle istituzioni riavvicinando ad esse i cittadini. Egli aveva a cuore il rapporto coi giovani perché in essi vedeva i semi per lo sviluppo etico e politico del paese e per la diffusione di una nuova coscienza civile fondata sui valori da Lui incarnati, quali la legalità, la giustizia sociale, la solidarietà, l’etica dei comportamenti umani.

Sandro Pertini ha lottato per la libertà del popolo italiano affrontando con determinatezza il rischio della propria vita e sopportando per venti anni la detenzione in carcere per tale obbiettivo con dignità e rispetto delle istituzioni, nonostante esse fossero espressione del regime fascista. Assurto alle più alte cariche dello Stato, l’Uomo ha contribuito a renderle credibili, a riavvicinare i cittadini alle istituzioni, a creare insomma una diffusa coscienza della legalità democratica e di una profonda identità nazionale. In uno dei periodi più tragici della nostra Storia egli riuscì a tenere alti i valori fondanti della nostra Costituzione e a conservare credibilità e legittimazione alle istituzioni repubblicane, nonostante le barbarie del terrorismo,  tanto da essere considerato “il Presidente più amato dagli italiani”.  La Sua figura si erge come punto di riferimento unitario per tutti gli italiani a difesa di quei valori, che trovano nella nostra Costituzione la più alta consacrazione, nati dalla Resistenza e difesi dal sangue delle vittime del terrorismo.

Il Paese ha bisogno di un recupero dei valori della legalità, dell’etica, della solidarietà, della giustizia sociale, della pace e della cooperazione fra i popoli. Oggi più che mai è necessario per noi e i nostri figli richiamare l’attenzione affinché non venga dispersa la memoria e venga distrutto il legato ideale lasciatoci da coloro che hanno sacrificato se stessi per la liberazione dell’Italia dalla barbarie nazional-fascista. Oggi più che mai è forte l’esigenza culturale che i cittadini rinsaldino il comune sentimento di fedeltà ai principi e valori della Costituzione della Repubblica.

La storia di un popolo e di una nazione si fonda anche sulla storia dei suoi figli più illustri. Cancellare la memoria di questi figli contribuisce a rendere irreversibile quella crisi di valori che il paese sta vivendo e ad aprire le porte al qualunquismo e a pericolosi revisionismi.