di Valeria Almerighi
Il 15 gennaio alle ore 15:00 si sono celebrati i funerali di un altro pezzo di storia del nostro Paese, un pezzo bello, “un artista della parola e del pensiero”, come qualcuno lo ha definito nella cerimonia che si è svolta 12 giorni fa nella piccola chiesetta del cimitero acattolico di Roma. Furio Colombo, protagonista della vita culturale del nostro Paese, appassionato scrittore e giornalista, penna agile di fervido intellettuale, lingua a volte convintamente tagliente, Furio Colombo politico, Furio Colombo Marc Saudade.
Ci desta in questo inizio anno 2025 la sua scomparsa, accompagnata da un cielo grigio che ben rappresenta la mestizia dei molti. La pioggerellina romana aiuta anche a radunarsi nella chiesetta, dove tutti/e vorrebbero entrare ma dove è difficile non pestarsi i piedi. Poi sbuca il sole, salutare è sempre bello.
Un uomo intona un canto che scalda l’atmosfera raccolta e fredda, in onore del “suo amico Furio dalla bella voce e dal bel canto”; si parla dell’uomo pubblico, combattivo e intraprendente, si parla del Colombo del dissenso, del Colombo che intervistò Pasolini il giorno della sua uccisione, del Colombo che prende posizione, del Furio “solare e rassicurante”, dicono i parenti, “spiritosissimo”, dicono gli amici, addirittura “un comico nato, capace di fare facce incredibile e voci e dilettarsi in imitazioni”, racconta chi vorrebbe forse un po’ sorprenderci (ma noi ce lo immaginiamo benissimo).
Un uomo che, andandosene a 94 anni, provoca quel tipo di stupore e quel dispiacere profondo che lasciano le persone che si pensava avessero sette vite, e solo il giorno del loro funerale ti accorgi che non è così.
A ognuno affiorano “ricordi” che custodiremo, condivisi in occasione di quel saluto che è sempre un grazie che si rivolge a chi se ne va; del resto ricordare significa “richiamare al cuore”. Ma la sua scomparsa risveglia una “memoria” collettiva, una memoria più importante, la memoria di Mnemosine.
Ricordiamo, in questo 27 gennaio 2025, quello che fu lo spirito che animò la battaglia (perché battaglia fu, ci vollero più di 5 anni perché passasse la legge) che portò nell’anno 2000 a istituire il Giorno della memoria, di cui Furio Colombo fu primo firmatario. La legge n.211 recita così : “per ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. Una legge per preservare il paese dal rischio dell’oblio, della dimenticanza, dalla mancanza di responsabilità verso leggi razziali rigorosamente home’s made, per celebrare tutti/e coloro che contro queste leggi hanno lottato. Il giorno della memoria celebra chi ha detto No a una legge ingiusta e insensata. Il giorno della memoria è dedicato a chi ha preso posizione.
La parola Memoria appare sempre così urgente, abbiamo continuamente bisogno di ricordare – che la nostra memoria sia più breve di quella dei nostri cani!? – e il mito ci ricorda che l’uomo per aver accesso agli inferi deve compiere due azioni. La prima è di bere dalla fontana di Lete (dimenticanza) per dimenticare le cose passate, la seconda è di bere dalla fontana di Mnemosine, per poter ricordare ciò che vedrà nell’aldilà. L’analisi sembra chiara : avere memoria significa voler andar avanti.
Senza memoria non vedremo niente nel futuro.
E mentre si strabuzzano gli occhi (chi ne ha la forza) e anche le orecchie di fronte notizie e immagini sempre più preoccupanti, mentre le destre si diffondono con sempre maggiore arroganza, a cominciare dalle politiche di quella Israele che Colombo amava e che avrebbe desiderato si tenesse ben lontana dalle politiche di destra che hanno tragicamente portato alla situazione attuale (vd. “la fine di Israele” 2024, Furio Colombo, citazione alla prima pagina di V. Dan Segre La sinistra a Israele : “Ad Auschwitz non è morto l’ebraismo. Ad Auschwitz è morta l’Europa assieme ai valori che hanno fatto la sua grandezza”), ti imbatti in otto sedicenni sotto casa che “per gioco” (o per cosa? Non so se riesca a darmi una risposta), alzano chiaramente il braccio teso verso una finestra dove è affacciato un compagno di classe. Vai al funerale di Furio Colombo, che se ne è andato così all’improvviso, e ti chiedi se saremo sempre in grado di salvaguardare il ricordo del passato, se saremo sempre capaci di custodire la memoria per dire No, nel futuro. Spero di sì.
Quello che possiamo fare con fermezza e convinzione è rifiutarci di odiare, saper esprimere il nostro dissenso quando lo reputiamo giusto senza offendere, prendere posizione prima di posizionarci, lottare contro ogni forma di fascismo, anche quello verbale, quello di chi ci vuole estranei e nemici gli uni agli altri, come accaduto spudoratamente nella pandemia appena trascorsa, in questo grande ring che ci stiamo costruendo. Nella tradizione classica la Musa della Memoria chiamata Mnemosine era la madre delle nove muse, come a farci intendere che le arti abbiano il compito di perpetuare la bellezza nel tempo.
Una bellissima prefazione che Furio Colombo fece al libro “Il Testimone” per la nave di Teseo, “memorie di un magistrato in prima linea”, recitava così : “ vincere “ non è sempre “prevalere”. Vincere è esserci, resistere, e non lasciare nel buio del silenzio del non detto e del non saputo l’evento che ha cambiato gli altri eventi”.