di Sergio Materia
Il 24 marzo, proprio nel giorno in cui cinque anni fa è scomparso Mario Almerighi, il comune di Roma ha deciso che la casa di Sandro Pertini diventerà un museo multimediale.
Mario Almerighi è stato presidente della Fondazione Sandro Pertini e si è battuto perché la memoria del Presidente e di quello che ha rappresentato restasse viva.
Ancora una volta le figure di Pertini e di Almerighi si incontrano. E forse non è solo un caso che questo accada in questo periodo di guerra in cui, spesso a sproposito, prendono la parola i movimenti pacifisti.
Invece di tante parole, basterebbe ricordare la figura di Sandro Pertini.
Nessuno ha dimenticato le sue parole di pace (“si svuotino gli arsenali, si riempiano i granai”). Ma quel Pertini è lo stesso che fu a capo di un’organizzazione partigiana che le armi le usò eccome, perché servivano a combattere il nemico nazifascista. E non c’è nessuna contraddizione dovuta magari alla distanza temporale, come qualcuno potrebbe pensare. E’ lo stesso Sandro Pertini, nell’uno e nell’altro caso, che aveva chiarissimo il confine nettissimo tra amore per la pace e passività.
Nemmeno chi mette la pace al primo posto tra i valori fondanti di una società può essere arrendevole quando un feroce oppressore mette sotto attacco la libertà e la voglia di democrazia.
Perché come ha scritto il teologo Vito Mancuso rispondendo alle sorprendenti affermazioni “pacifiste” del presidente dell’ANPI, la libertà e la dignità sono più importanti e più sacri della vita stessa. Basta rileggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza.
Tutto questo è scritto nella Costituzione. Viene spesso ricordato l’art. 11: L’Italia ripudia la guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
E già il discorso si fa più complesso del semplice ripudio della guerra. Ma poi c’è l’art. 52: “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. E allora è chiaro che la reazione anche armata contro un nemico oppressore o invasore non solo è legittima ma è doverosa. E se questo vale per la propria patria, deve valere per tutte le patrie.
Pertini tutto questo, questa convivenza tra volontà di pace e fermezza davanti alla violenza ingiusta, lo ha impersonato in tutta la sua vita.
Anche sul piano personale era così, perché era burbero ma sotto sotto ci vedevi un che di scanzonato, di accogliente.
Io credo proprio che anche questo aspetto della figura di Pertini abbia conquistato Mario Almerighi. Perché anche Mario era così. Sempre gentile, sentiva forte il senso dell’amicizia. Era la base necessaria di ogni discorso politico. Per questo, le delusioni vissute nella sua attività pubblica erano anzitutto delusioni sul piano personale.
Ma anche Mario era capace, eccome, di battaglie tenaci in nome della dignità e del senso di giustizia, e mai in nome di interessi personali.
Oggi insomma anche Mario Almerighi rivive ed è presente in questa bella occasione di ricordo di Sandro Pertini. E sarebbe bello che i giovani, assieme alla figura del più amato dei presidenti, riscoprissero quella di un grande giudice e grande uomo come Mario Almerighi.